Il moderato, una prima presentazione

Qualche tempo fa ho pubblicato una riflessione sul concetto di destra e sinistra liberale, ma c'è un' altra tipologia di pensiero politico interessante che sfugge alla dicotomia, ovvero ne è coinvolta in modo originale: il moderato. L'articolo su destra e sinistra qui https://www.rosariopaone.it/?q=node/11 In sintesi, per chi non fosse interessato a leggere l'articolo, la destra ritiene che esistano leggi universali (naturali, sociali o metafisiche) che vincolano la società, per cui o le cose non cambiano o i cambiamenti sono peggiorativi (si potrebbe utilmente leggere A.O. Hirschman Le retoriche dell'intransigenza, se il folle mercato editoriale italiano lo ripubblicasse), la sinistra viceversa ritiene che le uniche leggi sono quelle che la società si crea, per cui le cose cambiano e il cambiamento può essere razionalmente “diretto”. Il moderato viceversa è convinto che le società cambino, dubita che esistano leggi universali, e, ove esistessero, ritiene di non poterle conoscere, lo scopo della politica e del suo far politica consiste quindi nel far si che i cambiamenti siano rallentati in modo che gli eventuali effetti negativi siano “ammortizzati” ed eventualmente si possa tornare indietro. Alla base del suo pensiero c'è una profonda sfiducia nell'essere umano, al limite del cinismo, sfiducia nella ragione, nelle passioni e nelle possibilità dell'azione. Spesso viene scambiato per un cinico amante del “potere per il potere”, talvolta lo è, e quasi sempre per un mediocre, e spesso non lo è, ma talvolta vuol sembrarlo. Di fronte al cambiamento non lo ostacola con la forza di un uomo di destra né lo vuole con quella di uno di sinistra, semplicemente lo rallenta con bizantinismi ed una resistenza che sembra stolida e composta di nulla. Il suo eloquio è raffinato, ma alla fine dice poco, perchè teme che possa produrre effetti, sia di ostacolo ai processi sia a loro favore. Ama l'ombra, il lento e paziente lavoro di relazione che gli permette di essere ovunque, con tutti e con nessuno. Ovviamente esistono moderati di destra e di sinistra, ma in realtà il moderato tipo non si colloca, come potrebbe? le cose potrebbero essere diverse da come si vedono. Sembrerebbe la descrizione di un irresoluto, un dubbioso, in realtà così non è, almeno su un obiettivo: rallentare i mutamenti, i processi sociali, anche quelli che lui stesso crea. In fondo la distinzione tra il moderato di destra e di sinistra è nella considerazione del tempo. Il moderato di destra rallenta sino ad ostacolare, quello di sinistra rallenta senza ostacolare. In Italia il moderato è una delle figure più presenti nella storia politica. Ne sono prototipi personaggi come: Giolitti, Andreotti, Moro... Come si può vedere la fonte, italiana, del moderatismo può essere intravista in una particolare cultura cattolica, non si faccia l'errore di considerare il cattolicesimo come un fenomeno moderato, non lo è. L'idea che il destino non sia nelle nostre mani e che sia necessario evitare che, giocando con esso, gli inconsapevoli si facciano male lo spinge all'azione e poi il potere diventa lo strumento per l'azione. Più che alla storia bisogna rivolgersi alla letteratura per la descrizione dei moventi del moderato. Un autore che ben conosce sia gli taliani che i moderati è Alessandro Manzoni, ed a lui mi rivolgo.

Il moderato manzoniano è uomo di potere: il Conte Zio.

Le pagine che lo riguardano dovrebbero essere lette per intero, non potendolo, o volendolo, fare ecco la descrizione del Manzoni:

Attilio, appena arrivato a Milano, andò, come aveva promesso a don Rodrigo, a far visita al loro comune zio del Consiglio segreto. (Era una consulta, composta allora di tredici personaggi di toga e di spada, da cui il governatore prendeva parere, e che, morendo uno di questi, o venendo mutato, assumeva temporaneamente il governo). Il conte zio, togato, e uno degli anziani del consiglio, vi godeva un certo credito; ma nel farlo valere, e nel farlo rendere con gli altri, non c'era il suo compagno. Un parlare ambiguo, un tacere significativo, un restare a mezzo, uno stringer d'occhi che esprimeva: non posso parlare; un lusingare senza promettere, un minacciare in cerimonia; tutto era diretto a quel fine; e tutto, o più o meno, tornava in pro. A segno che fino a un: io non posso niente in questo affare: detto talvolta per la pura verità, ma detto in modo che non gli era creduto, serviva ad accrescere il concetto, e quindi la realtà del suo potere: come quelle scatole che si vedono ancora in qualche bottega di speziale, con su certe parole arabe, e dentro non c'è nulla; ma servono a mantenere il credito alla bottega. Quello del conte zio, che, da gran tempo, era sempre andato crescendo a lentissimi gradi, ultimamente aveva fatto in una volta un passo, come si dice, di gigante, per un'occasione straordinaria, un viaggio a Madrid, con una missione alla corte; dove, che accoglienza gli fosse fatta, bisognava sentirlo raccontar da lui. Per non dir altro, il conte duca l'aveva trattato con una degnazione particolare, e ammesso alla sua confidenza, a segno d'avergli una volta domandato, in presenza, si può dire, di mezza la corte come gli piacesse Madrid, e d'avergli un'altra volta detto a quattr'occhi, nel vano d'una finestra, che il duomo di Milano era il tempio più grande che fosse negli stati del re.”

Esempio tipico del moderato e del suo parlare.

Il moderato non si pronuncia, non afferma e non nega, allude. E' sicuramente possibile riconoscere in questo passo colui che vuole esercitare il proprio potere, ma non vuole che esso si manifesti.

Attilio che conosce bene lo zio, e sa cosa teme, ecco come lo lancia nell'impresa

Fatti i suoi complimenti al conte zio, e presentatigli quelli del cugino, Attilio, con un suo contegno serio, che sapeva prendere a tempo, disse: - credo di fare il mio dovere, senza mancare alla confidenza di Rodrigo, avvertendo il signore zio d'un affare che, se lei non ci mette una mano, può diventar serio, e portar delle conseguenze...”

Lo zio deve intervenire poichè potrebbero esserci delle conseguenze. E' il timore delle conseguenze, il pericolo per lo status quo che muove il conte Zio.

Ed ecco che il Manzoni chiarisce:

Ora, tra il padre provinciale e il conte zio passava un'antica conoscenza: s'eran veduti di rado, ma sempre con gran dimostrazioni d'amicizia, e con esibizioni sperticate di servizi. E alle volte, è meglio aver che fare con uno che sia sopra a molti individui, che con un solo di questi, il quale non vede che la sua causa, non sente che la sua passione, non cura che il suo punto; mentre l'altro vede in un tratto cento relazioni, cento conseguenze, cento interessi, cento cose da scansare, cento cose da salvare; e si può quindi prendere da cento parti.

Meglio avere a che fare con chi gestisce il potere di governare che con un individuo, poiché chi gestisce il potere è capace di vedere i pro e i contro delle cose, deve considerare cento conseguenze e cento interessi e quindi può prendere cento parti, ovvero nessuna. Ma davvero non prenderà nessuna parte?

Ecco come il Conte Zio convince il Padre Provinciale a trasferire Fra Cristoforo

Veda vostra paternità; son cose, come io le dicevo, da finirsi tra di noi, da seppellirsi qui, cose che a rimestarle troppo... si fa peggio. Lei sa cosa segue: quest'urti, queste picche, principiano talvolta da una bagattella, e vanno avanti, vanno avanti... A voler trovarne il fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent'altri imbrogli. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire. Mio nipote è giovine; il religioso, da quel che sento, ha ancora tutto lo spirito, le... inclinazioni d'un giovine: e tocca a noi, che abbiamo i nostri anni... pur troppo eh, padre molto reverendo?...

In quei verbi c'è la sintesi del progetto politico del moderato. Quieta non movere et mota quietare è o può essere un programma politico. Ma il fine? Ancora Manzoni subito sotto il brano sopra riportato

Chi fosse stato lì a vedere, in quel punto, fu come quando, nel mezzo d'un'opera seria, s'alza, per isbaglio, uno scenario, prima del tempo, e si vede un cantante che, non pensando, in quel momento, che ci sia un pubblico al mondo,discorre alla buona con un suo compagno. Il viso, l'atto, la voce del conte zio, nel dir quelpur troppo!, tutto fu naturale: lì non c'era politica: era proprio vero che gli dava noia d'avere i suoi anni. Non già che piangesse i passatempi, il brio, l'avvenenza della gioventù: frivolezze, sciocchezze, miserie! La cagion del suo dispiacere era ben più soda e importante: era che sperava un certo posto più alto, quando fosse vacato; e temeva di non arrivare a tempo. Ottenuto che l'avesse, si poteva esser certi che non si sarebbe più curato degli anni, non avrebbe desiderato altro, e sarebbe morto contento, come tutti quelli che desideran molto una cosa, assicurano di voler fare, quando siano arrivati a ottenerla.”

Il potere è lo scopo, se le sorti degli eventi non ci interessano, nè per contrastare i cambiamenti nè per favorirli, cosa altro ci può spingere all'azione?

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