La valutazione del docente

Uno degli aspetti più singolari del già singolare dibattito sulla scuola nel nostro paese è la questione della valutazione del docente. Intesa come valutazione del singolo distinta dalla valutazione degli apprendimenti o del sistema scuola. Questa questione appare singolare poiché solleva immediate reazioni di ripulsa da parte dei docenti, quasi un “ma come vi permettete?”, ed un'entusiastica approvazione da parte di alunni e “società civile”, oltre a quella più sospetta della “politica". E se è singolare che i docenti che giornalmente valutano i loro alunni rifiutino aprioristicamente anche di discutere la questione, altrettanto singolare è che la società ignori i rilevanti problemi che la questione tocca. Proverò qui ad impostare un ragionamento che esuli dalle due posizioni ed anche dalla mia personale opinione, che caso mai espliciterò in seguito, cioè proverò ad affrontare il problema “sine ira et studio”, per quanto possibile, ed a farlo partendo dall'inizio e non dalle questioni secondarie come ad esempio “chi valuta?”.

Le domande iniziali che, secondo me, vale la pena porre sono “Perchè valutare?” e “Cosa valutare?”. Le due domande sono collegate: se non so perché voglio valutare, non so cosa valutare.

Perciò cominciamo dalla prima: Perchè valutare?

Le risposte possibili, ed effettivamente date, sono:

  • Per premiare i migliori;

  • Per identificare le migliori esperienze e permettere a tutti di migliorarsi;

  • Per conoscere come si insegna.

Naturalmente sono possibili nuove ed altre risposte e sarò grato a chiunque voglia proporne qualcuna.

Di queste tre mi sembra che nessuna tenga conto di alcuni aspetti. La prima vede la possibilità di riconoscere talenti particolari o un impegno particolare, ma sconta una difficoltà:non risponde alla domanda “migliori rispetto a che?”

Indubbiamente ci saranno docenti migliori di me per competenze disciplinari o relazionali o per i risultati che ottengono sugli apprendimenti dei loro alunni o per prestanza fisica o per simpatia o per serietà o per spirito o... e possiamo anche inserire “e” piuttosto che “o”. Siamo diversi ed il nostro lavoro comporta che ognuno metta molto del proprio sia dal punto di vista intellettuale che personale (oserei dire psicologico). Però a questa domanda bisogna rispondere prima di andare avanti nel discorso. Si potrebbe tentare la risposta tutto, ma come definire un docente magari eccellente nelle conoscenze disciplinari, ma mediocre nelle capacità relazionali rispetto ad un docente con caratteristiche opposte? Quale è il migliore? Ovviamente la risposta comprende una nostra visione di quale debba essere il lavoro del docente, valida, ma personale. E' possibile che ci sia un docente eccellente in tutti gli aspetti considerabili, ma è piuttosto improbabile.

Prima dare questa risposta, magari mettiamo i pesi alle competenze valutabili (ad esempio un docente deve essere composto da un 50% di conoscenze, un 30% di capacità relazionali...) e poi parliamo.

Per la seconda risposta valgono analoghe considerazioni, con un'aggravante, ove possibile, che si fa riferimento non a caratteristiche personali, ma a pratiche didattiche ancor più difficili da identificarsi, anche se a prima vista si potrebbero collegare agli apprendimenti dei suoi alunni, riducendo la domanda a “cosa deve sapere ed essere un alunno?” Inoltre questa proposta vede una strettissima correlazione tra l'attività del docente e l'apprendimento dell'alunno, cosa di buon senso, ma di cui non c'è nessuna evidenza empirica o scientifica.

La terza risposta l'ho inserita perché mi è venuta in mente, ma in realtà mi sembra la più sterile: valutare il lavoro senza che questo comporti un giudizio di merito solo a fini conoscitivi può avere un significato sociologico, ma l'interesse pubblico non appare comparabile al costo della rilevazione.

Dalle risposte appare chiaro che chi pone la questione non ha la minima idea di cosa stia parlando. Proporre il dirigente scolastico valuti presuppone che sia in grado di rispondere a questa domanda, che è preliminare alle altre ancor più complesse, il che ovviamente non è. Il dirigente scolastico avrà le sue risposte,ma chi garantisce che queste seguano l'interesse pubblico?

Un altro elemento da sottolineare è l'idea che premiare il merito costituisca un incentivo al miglioramento del sistema. Se il mio lavoro viene riconosciuto e premiato avrò un incentivo a lavorare di più e meglio e gli altri avranno un incentivo a lavorare meglio. Questa è una colossale stupidaggine che nasce dall'idea del mercato competitivo, dell'homo aeconomicus e dallo stupidario economicistico. Lo studio dell'economia sa bene che “l'individuo che massimizza la sua utilità” è, nella migliore delle ipotesi, un'astrazione, non citerò Amartya Sen, ma potrei farlo, nella peggiore una sciocchezza. L'incentivo esterno (gratifica salariale) paradossalmente potrebbe ridurre l'incentivo interno, ottenendo un risultato avverso. Esempio se il medico bravo guadagna di più, avrò persone che faranno il medico perché vogliono guadagnare di più, fino a medici che mireranno più al guadagno che alla salute del paziente. Queste, ed altre, questioni sono parte della questione sulla “meritocrazia”, una delle stupidaggini più colossali della storia umana.

Prima di parlare di valutazione individuale chiariamoci su questi preliminari, poi, una volta d'accordo, passeremo al cosa valutare e chi valuta e vedremo che queste prime questioni sono addirittura semplici rispetto a quest'ultime.