Perchè Bersani non esce dal PD, non vota contro, e sbaglia: un'ipotesi
Schede primarie
Premessa: se c'è una cosa di cui sono consapevole è di essere un borghese, malgrado un breve, ma intenso percorso giovanile nel PCI, ovvero nella FGCI negli anni '70, che resta una dei più belli e formativi periodi della mia vita, la mia formazione è inevitabilmente borghese, colpa anche di una mia insegnante di filosofia del liceo, peraltro moglie di un mio professore di filosofia all'università, ambedue irrimediabilmente liberali, a loro devo molte importanti letture e gli anticorpi ad ogni tentazione antiborghese ed antiliberale.
La partecipazione di ieri a Servizio Pubblico di Pieluigi Bersani ha destato, giustamente visti i contenuti delle cose dette, su fb delle discussioni. A parte i commenti come “venduto”, “deludente” e simili che rimbalzano (anche nel senso romanesco del termine ) su chi li pronuncia, mi sembra che ieri Pierluigi Bersani abbia posto molte questioni, molto profonde. A cominciare dalla bellissima risposta data ad un Mario Giordano che continuava con la solfa “La gente non capisce quello che dite” (io mi sarei limitato ad un “Lei non capisce e non mi sorprende” ). Bersani con garbo, intelligenza e capacità politica d'altri tempi ha invece articolato un'argomentazione (sollecitato ed aiutato da Santoro che si conferma, al netto dei giudizi personali, grande giornalista) articolata e mordente che si può riassumere così: “Dovreste spiegarglielo voi giornalisti, è il vostro mestiere spiegare le cose, se non lo fate è perché i vostri editori non vogliono che spieghiate le cose”, l'ha detto con un discorso lungo, ma chiarissimo, basterebbe vedere le facce terree e attente dell'Annunziata e di Mentana per capire quanto abbia colpito, ed anche il sorriso di Santoro diceva più di mille parole.
Veniamo al motivo per cui è stato seppellito su fb da insulti, dopo aver denunciato la deriva antidemocratica di Renzi, ha detto: “Ma io non esco dal PD. Bersani, Renzi passano il PD resterà 100 anni” In questo è il suo limite, ed haime, è un limite di cultura politica. La cultura politica di Bersani è quella del PCI in cui il partito è più importante delle persone che lo compongono, vive la storia (il partito, non le persone), è addirittura più importante delle idee e dei valori che lo animano, perché quelle idee e valori senza partito sono sterili, inutili. Si parva licet componere magnis, nel 1956 l'URSS aggredì l'Ungheria ed il PCI, con immense lacerazioni, approvò per l'unità del partito e del movimento rivoluzionario internazionale. Badate molti (tutti?) dirigenti sapevano bene che gli ungheresi erano dei compagni, che non era una controrivoluzione ed in cuor loro avrebbero voluto dire altro, ma avrebbero indebolito il partito e la sua missione, che ovviamente può compiere molti sbagli, ma alla lunga è l'unico modo per affermare il socialismo. Questa mistica del partito di origine leninista, allora fu contrastata da pochi e bene solo da Antonio Giolitti, che uscì dal PCI. Oggi si ripresenta, in forma parodistica visto cosa sia il PD e la difficoltà di paragonare le tragedie della storia alla mediocrità delle ambizioni dei gerarchetti del PD (lo dico per evitare che qualcuno mi obietti che paragonare il PCI al PD è una stupidaggine, il 1956 all'Italicum ed alle primarie non ha definizione... lo so bene, ma temo lo faccia Bersani, non io).
Il partito è un mezzo non un fine, se l'organizzazione diventa il fine dell'azione siamo fuori dalla politica.
Vi invito a leggere il bellissimo intervento di Antonio Giolitti all'VIII congresso del PCI (se digerite la retorica comunista del 1956 ed il linguaggio d'allora ), specialmente la fine
http://temi.repubblica.it/micromega-online/lintervento-di-antonio-giolit...
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